The invasion of Ukraine brought war to Europe, exactly one year ago. But it’s a different war from the one we imagined, and has become a dramatic case study for many analysts, forcing us to reflect on what will be the future of war and the war of the future. Together with missiles, drones, satillites and AI now also entered the battlefield – as did the use of resources. For the new ISPI longread, “The Future of War”, Giampaolo Musumeci spoke to HCSS senior strategic analyst Laura Birkman about climate change and its effect on the “weaponization” of resources.
L’invasione dell’Ucraina ha riportato la guerra in Europa, esattamente un anno fa. Ma è una guerra diversa da quella che avremmo immaginato: insieme ai missili, sono entrati in azione i droni, i satelliti e l’intelligenza artificiale. Questa guerra è diventata un drammatico caso di studio per tanti analisti e osservatori, costringendoci anche a una riflessione su quello che sarà il futuro della guerra e la guerra del futuro. Quali armi verranno utilizzate? E in che modo?
Per il nuovo longread di ISPI, “Il Futuro della Guerra”, Giampaolo Musumeci ha parlato del cambiamento climatico e suo effetto sulla “weaponization” delle risorse, con Laura Birkman, analista strategico presso The Hague Centre for Strategic Studies (HCSS) in Olanda.
Dove ci sono risorse, ci sono conflitti. Uno dei modi per tentare di prevedere dove avverranno le battaglie del futuro, è guardare dove si concentrano le ricchezze naturali. Idrocarburi, acqua (che sia un fiume o un lago o uno sbocco sul mare), miniere di litio: le risorse naturali e minerarie sono fondamentali per la sopravvivenza e lo sviluppo degli stati, ma anche degli attori non-statali.
Ancora una volta, la guerra in Ucraina ha dimostrato come, con grande spregiudicatezza, si possa trasformare in arma il gas, semplicemente minacciando di chiudere, o chiudendo, il rubinetto. L’impatto sui mercati e sulla vita quotidiana delle persone in varie parti del globo è stato quasi immediato.
La “cosiddetta guerra del grano”, ovvero la sospensione delle esportazioni dall’Ucraina destinate a Europa e paesi africani, ci ha restituito un altro caso di scuola. Le navi russe, bloccando alcuni porti sul Mar Nero, hanno messo in crisi la logistica del prezioso bene in mezzo mondo.
Ma vi sono esempi anche sull’acqua: i rifornimenti idrici alla Crimea che Kiev ha usato come arma, per esempio. La penisola, un’area molto arida, fino al 2014 vedeva garantito il suo fabbisogno dal Canale del Nord, che dalla Crimea settentrionale la collega all’Ucraina. Nel 2017, dopo l’annessione russa, Kiev ha costruito una diga a sud di Kherson, di fatto chiudendo i rubinetti alla Crimea, che si è trovata a dipendere esclusivamente dalle forniture di Mosca.
Se ci spostiamo in Medio Oriente troviamo un altro caso emblematico: la presa della diga di Mosul da parte dell’Isis. La preziosa fonte e la ugualmente preziosa infrastruttura hanno permesso ai miliziani di assetare o inondare le popolazioni a valle della diga. Un’arma formidabile.
È raro che nazioni fragili, con istituzioni governative deboli, agiscano in modo deciso, se non addirittura preventivamente, per aiutare le proprie popolazioni ad avere garantito l’accesso all’acqua, al cibo e alle fonti energetiche essenziali per la loro sopravvivenza. Questo ha gravi implicazioni per la sicurezza umana e la stabilità dello Stato stesso. La mancanza di accesso alle risorse vitali, influisce sulla sopravvivenza e costringe le persone a reagire, protestando contro il governo al potere, spostandosi altrove (fenomeni migratori) o cercando modi alternativi, anche illeciti, per guadagnarsi da vivere (criminalità organizzata e terrorismo). Gli Stati che sono in grado di controllare l’accesso alle risorse naturali vitali possono sfruttare il proprio potere o influenzare la stabilità di altri Stati, sostenendo le élite di governo o gruppi non statali nello sfruttamento delle scarse risorse naturali, esercitando maggiori pressioni sulle comunità e creando maggiori dipendenze interstatali.
Il cambiamento climatico sta avendo un effetto sulla “weaponization” delle risorse?
Birkman: “La crescente frequenza con cui si verificano eventi meteorologici estremi e disastri naturali causati dai cambiamenti climatici ha un impatto diretto sulla quantità e sulla qualità delle risorse naturali come acqua e cibo.”
Birkman: “Dato che si prevede che gli effetti del cambiamento climatico aumenteranno con il previsto innalzamento del riscaldamento globale, ciò porterà a ulteriori carenze di acqua e cibo in molte regioni del mondo.”
Birkman: “Questo renderà le risorse naturali uno strumento strategico e tattico sempre più attraente per gli Stati per avere un vantaggio competitivo , perseguire interessi politici o militari vitali e consolidare potere e legittimità. Ciò è particolarmente evidente nelle regioni in cui gli stati sono vulnerabili e mancano delle strutture sociali, politiche ed economiche per rispondere al cambiamento climatico. Tuttavia, il fenomeno della trasformazione in armi delle risorse naturali, in un momento in cui il cambiamento climatico accelera, non si limita all’acqua e al cibo nei paesi fragili. L’energia è stata utilizzata per decenni come arma strategica e tattica per la grande competizione di potere. Basti pensare alla dipendenza dell’Europa dal petrolio e dal gas russi al ruolo che ha avuto nella guerra in Ucraina.”
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